Angolo delle dediche e immagini con Frasi

Michael,
succedono cose strane, a volte. Fatti imprevedibili, che ti colgono di sorpresa, che ti spaventano saltando fuori da dietro un angolo, che ti lasciano confuso, senza risposte, con la testa tra le mani, la mente che vortica e il cuore che batte forte come un assolo di batteria.
È quello che mi succede ogni notte, da anni.
La notte, quando nessuno può vederti distintamente nel buio, quando nessuno ti può giudicare e dare contro, quando ci sono tanti animi che hanno bisogno di buio per calare un velo sui propri pensieri.
Ed è questo che mi succede ogni notte.
Questa notte, forse, nulla è diverso. Questa notte, forse, riuscirò a fuggire dalla mia mente e dalla mia vita. Anche questa notte ritroverò me stessa.
Comincia sempre allo stesso modo; nel mezzo della nottata, si sente un fruscio, una carezza di luce che mi sfiora la guancia, e devo svegliarmi.
Apro gli occhi e non ho nemmeno bisogno di voltarmi; il mio viso è sempre rivolto verso la luna. È come un richiamo animalesco, istintivo, irrevocabile, precario e dannatamente attraente; guardando quel volto pallido si percepisce che la luna è pronta per me.
Questa notte, non è diversa dalle altre.
Senza far rumore scosto le lenzuola – fa caldo, è estate – e poso i piedi sul pavimento di marmo. Sono ancora in me stessa, ora. Rimango per alcuni secondi immobile, sul ciglio del letto, e mi guardo attorno. Vedo la mia stanza, la mia vita. Vedo la poltrona di velluto verde scuro in cui amo abbandonarmi a leggere, il piccolo frigo che emette un sommesso ronzio, la scrivania piena di oggetti, le mensole con i loro cd, gli armadi, la porta a muro dove tengo i vestiti. La batteria, in fondo alla stanza, la Fender, i miei skateboard allineati e silenziosi, con le rotelle immobili. Dalle pareti molti sguardi mi stanno osservando; vedo diversi visi: Metallica, AC/DC, Iron Maiden, Ramones, Guns n Roses, Lordi, Children of Bodom, Marilyn Manson, Amy, Blondie – un po’ inquietanti, in effetti – ma non incrocio il tuo sguardo scuro.
Mi alzo dal letto e mi avvicino alla scrivania; sono a posto, ora, posso andare e abbandonarmi a essere chi voglio, stanotte. Prendo la piccola borsa seta bianca, quella che uso ogni notte, con il quaderno tutto scritto e la stilografica, poi in punta di piedi mi dirigo verso la porta. La sottoveste di seta grigio perla fruscia leggera.
C’è qualcuno, nel mio letto. Il mio ragazzo dorme profondamente, vedo il suo petto che si alza e abbassa seguendo il ritmo del respiro. Non lo sveglierei per nulla al mondo.
Gli sorrido, e vado avanti.
La villa è silenziosa, immersa nel buio; ma poco importa, i miei occhi vedono lo stesso. Il mio riflesso nello specchio del corridoio è illuminato dalla luna; vi è qualcosa in quel riflesso, se non una ragazza nella penombra, vestita solo con una corta sottoveste e con una borsa elegante, con lo sguardo che brilla, i piercing che scintillano come lame e i capelli di rame che le coprono le spalle come petali ?? Non lo so, forse c’è anche un’anima.
Scendo le scale e passo per la cucina sfiorandone l’isola di granito. Tutto dorme.
Finalmente esco in giardino e l’aria calda dello Scirocco mi spira sul viso.
Bentornata, sembra dire.
Poso i piedi nudi sull’erba umida – a che servirebbero le scarpe, ora ?? – e mi guardo intorno. Non c’è la solita Porsche bianca o la Berlina, i miei genitori sono via, via a San Diego. “Potresti organizzare una piccola festa con le tue amiche, se vuoi” mi hanno proposto prima di partire. Farlo sarebbe una parola. Verrebbe mezza Santa Monica, eccitata dal fatto che “la bella Ginger” fa una festa. Odio questo soprannome. Odio il modo in cui mi trattano tutti, come imitano quello che faccio, come seguono le mie mosse, come richiedono sempre la mia attenzione. Odio essere sempre alle feste di tutti, odio che tutti mi stiano addosso senza staccarsi, odio che ogni volta tutti mi dicano “Vorrei essere come te, come ti invidio”. Odio che ogni volta che cammino a scuola o da qualsiasi altra parte ci sia qualcuno che mi fischia dietro, che mi dice “Ehi, che fai stasera?” o che semplicemente mi guardi in uno stato di trance.
Sveglia, ragazzi. Sono io, sono normale. Sono una ragazza. C’è chi capisce e chi no.
Prego che chi non capisca ci riesca in fretta.
Alcune volte, Michael, vorrei essere un giunco. Il giunco non si spezza mai. Ci sono volte in cui mi spezzo, e volte in cui resisto.
Attraverso la strada; c’è meno traffico, stanotte.
I miei piedi nudi battono sull’asfalto; c’è la solita vecchietta matta, all’angolo della street, che dorme raggomitolata. Non so che ore siano.
Quando tocco la sabbia, corro. Mi lascio le spalle la casa, il mio ragazzo, i miei amici, la mia vita, almeno per poco.
Sai, Michael, io non odio la mia vita. No, la adoro, per tutto quello che mi da’.
Solo che a volte bisogna scappare via. Scappare e trovare rifugio nella luna.
Finalmente arrivo, con il cuore che mi batte forte.
Mi siedo sul bagnasciuga e comincio a scrivere.
Scrivo, come sempre.
Scrivo quello che ora stai leggendo.
È da tanto che sono qui a raccontartelo.
La penna scorre sulla pagina bianca; dopo ne farò una copia al computer, per essere sicura di non perderla mai.
Penso, nel frattempo. Penso e penso, a tutto.
Poi, di punto in bianco, non penso a nulla.
Mi lascio trascinare dallo sguardo dolce della luna, fino a quando ..
Arriva qualcuno.
Di solito, non arriva mai nessuno.
Però questa notte sì.
Un gruppo di ragazzi, avranno vent’anni. Sembrano sobri, però non mi fido tanto. Distolgo lo sguardo e continuo a pensare, certa che, mimetizzata tra la sabbia, non mi vedranno.
E invece sì.
“Ehi, bellezza, vieni con noi !! Andiamo ad una festa .. vieni con noi, ci divertiremo un mondo!!” che tradotto nel gergo giovanile vuol dire “ehi, vieni a fare qualcosa non adatto ai bambini”.
Non rispondo, anche se la mia vocina nella testa mi suggerisce di mandarli all’inferno.
Ma io non voglio che la gente vada all’inferno solo perché mi ha invitato ad una festa, anche se sottintendeva di più.
Me ne sto silenzio e passo una mano tra la sabbia, disegnando ghirigori.
Sto pensando a te.
Non credo che sia la prima volta che lo faccio, però ..
C’è una cosa, che credo tu debba sapere. Quando sei morto non ho pianto.
Non ho versato una lacrima, niente.
Ero seduta sul muretto della spiaggia, sola e con lo skateboard in mano.
Mi ricordo che pensavo al mare. Poi è arrivato il mio ragazzo di allora, e sembrava sconvolto “Che succede??” gli ho domandato. “è morto Michael Jackson” ha risposto.
“Ah” gli ho risposto, e sono rimasta in silenzio.
Ma non voglio che tu pensi che non ti ami solo perché non ho pianto.
Voglio che tu mi ami perché non l’ ho fatto.
Non ho mai pianto per te. Sapevo che non avresti voluto.
Nel frattempo uno dei ragazzi si è avvicinato a me, con le mani nei jeans strappati, una scintilla negli occhi blu e i capelli neri scompigliati.
Si siede vicino a me e dice ai suoi amici di andare avanti. Non mi era mai capitata una cosa del genere. È come essere nei film. Lo dico io, che nei film ci vivo, Michael. Insomma, Hollywood è casa mia, in un certo senso. Conosco attori famosi, ma non ne vado fiera.
Il ragazzo prende una manciata di sabbia e la fa scorrere lentamente sulla mia gamba.
Non parlo. Non ancora, almeno. Sto ancora guardando il cielo, e non distolgo lo sguardo.
“I tuoi amici ti staranno aspettando, no ??” gli dico sottovoce, come fosse un segreto.
Lui alza le spalle. “Non posso rimanere a lungo” mi dice con un mezzo sorriso. Poi vede il mio quaderno “Posso??” chiede. Gli do il consenso. Scrive qualcosa e strappa il pezzo di pagina. Mi restituisce il quaderno e prende qualcosa dalla tasca. Mi porge una sigaretta, che accetto. Mi accende la sigaretta e sento che mi guarda mentre tengo lo sguardo fisso sulle onde. Alla fine si alza, mi porge il biglietto su cui aveva scritto e mi dice “chiamami, se vuoi”. Alza un sopracciglio e io pure “se qualche notte sei libera, per andare ad una festa ..” Poi, mentre mi guarda, prendo il mio accendino e appicco fuoco al biglietto. I bagliori del fuoco mi attraggono. Lui se ne va, con un sorriso.
Sono ancora sola con me stessa. Finisco di fumare la sigaretta – gli intrecci di fumo si rincorrono davanti ai miei occhi – e mi alzo. Dai, non c’è nessuno, ora.
Poso la borsa sulla sabbia e mi dirigo verso l’acqua. Mi sento gelare.
Poi, senza pensarci, mi immergo fino alle spalle.
Nuoto, non so per quanto.
Quando torno a casa, con il vestito fradicio, mi cambio velocemente e rientro in camera.
Lui dorme ancora, con un sorriso bellissimo sulle labbra.
E stanotte ho trovato me stessa, alla spiaggia.
Ho trovato anche te, Michael.
Eri in tutto quello che guardavo.
Il numero del ragazzo non è stato bruciato; non ne ho avuto cuore.